Abbiamo intervistato Filippo Latte Bovio, socio e sales manager di Boviar. Ripercorriamo alcune tappe fondamentali del suo percorso in azienda tra aneddoti e momenti storici, come l’apertura a Milano e la collaborazione con il Politecnico di Milano.
Ci racconta le prime esperienze in Boviar e i primi ricordi che ha dell’azienda?
I primi ricordi risalgono a quando nostro padre aveva appena fondato l’azienda, negli anni ’70, quando io avevo più o meno 8 anni.
Il primo ufficio era vicino casa, così capitava che qualche volta il sabato, giorno in cui non si andava a scuola, papà ci portasse con lui in ufficio. Il mio compito era spolverare le macchine che erano in esposizione o sistemare in magazzino le attrezzature da vendere. Queste semplici mansioni rappresentano i primissimi ricordi della mia esperienza in azienda.Ripensando a quei momenti ritengo che anche questi semplici compiti siano stati formativi: erano l’ABC, ovvero conoscere l’azienda e imparare ad aver rispetto delle persone che lavoravano con noi. Era un apprendere sul campo. L’andare in giro a fare consegne con i collaboratori di nostro padre o recarsi sul cantiere era puro divertimento ma anche apprendimento.
Negli anni ’80 il mio ruolo cambiò e iniziai a focalizzarmi soprattutto sull’aspetto commerciale e sulle pubbliche relazioni. Molte delle aziende con cui collaboravamo erano tra Lombardia e Veneto, così aprimmo un ufficio a Milano e il mio ruolo era quello di cercare di avere un numero sempre maggiore di contatti di fornitori e di clienti che grazie alla nostra presenza al Nord potevamo seguire meglio. Mio padre e mio fratello Giuseppe già avevano creato un canale solido di contatti, che poi con il tempo abbiamo allargato: grandi imprese, società di servizio, laboratori, liberi professionisti.
“Fin da bambini papà ci portava in azienda con lui. In quel periodo abbiamo imparato l’ABC: aver rispetto delle persone che lavoravano con noi”.
Un progetto o un aneddoto che ricorda in modo particolare?
Ricordo in particolare le prime collaborazioni con il Politecnico di Milano, che per me rappresenta una delle migliori università a livello internazionale.
Era un punto di riferimento soprattutto per le nostre attività di diagnostica e monitoraggio, così iniziammo una serie di progetti insieme.
Verso la fine degli anni ’80 avevamo assunto un architetto che si era laureato con la professoressa Binda, la quale ha apprezzato molto la nostra azienda e nel 2001 ci affidò l’organizzazione di un convegno della RILEM a Mantova.
Ricordo questo evento come un motivo di orgoglio e prestigio: essere stato work manager per un evento dalla portata internazionale rappresenta un punto importante della mia carriera, e di questo devo ringraziare la professoressa Binda che poi con il tempo è diventata una cara amica.
Il prossimo futuro di Boviar?
Ritengo che il futuro di Boviar sia già iniziato da un po’. È un percorso condiviso con i miei fratelli e incentrato sulla ricerca e sviluppo.
La funzione di Boviar non è più solo quella di fornire strumentazioni per la diagnostica e il monitoraggio ma oggi, grazie al know-how acquisito, è anche quella di fornire una soluzione quasi su misura ai nostri clienti.
Il futuro è quello di offrire costantemente un aggiornamento e una soluzione innovativa ai problemi che il mercato ci richiede, cercando di stare sempre un passo avanti.